mercoledì 7 novembre 2007

il centro agroalimentare di roma

L'editoriale

Pallottini: proporremo alla Regione un progetto di rilancio dei mercati rionali
Roma 11 ottobre. Un vero e proprio "progetto di filiera" con soluzioni efficienti per tutti quei ritardi infrastrutturali, quelle carenze organizzative e quei problemi reali del sistema mercatale romano che hanno suscitato una allarmata contrarietà ai nuovi orari del Centro Agroalimentare Roma in tanta parte dei dettaglianti romani attivi in aree pubbliche (cioè nei mercati rionali). Questo, l'obiettivo di un già fitto calendario di incontri tecnico-sindacali con i rappresentanti della categoria dei dettaglianti in aree pubbliche (la parola ambulante è desueta) inaugurato martedì 11 ottobre, presso gli uffici di Cargest, con un incontro preparatorio di successivi approfondimenti sui vari temi individuati di concerto tra le parti per adeguare il sistema di 140 mercati rionali alle esigenze della competitività e della concorrenzialità sulla scena commerciale di Roma e del Lazio. Com'è noto, tra gli accordi a suo tempo sottoscritti tra Cargest, sindacati di categoria, Regione Lazio, Comune di Roma per spostare di mattina e di pomeriggio gli orari del Centro Agroalimentare Roma, c'è anche un impegno comune per sostenere un rilancio dei mercati. Uno sforzo questo imposto da un lato dalle carenze del sistema attuale. Ma anche dal comune riconoscimento del ruolo insostituibile del sistema mercatale a tutela della freschezza, della qualità, della genuinità, della convenienza delle produzioni agroalimentari fresche, quindi anche di sbocchi commerciali rilevanti per le derrate agricole della campagna romana. Oltre ai furgoni "coibentati in condizioni Atp", che la legge impone per il trasporto dei generi alimentari deperibili, i mercati romani hanno bisogno di parecchio altro. Per questo in riunione l'amministratore delegato del Cargest Massimo Pallottini ha spiegato come si esprimerà l'impegno della società di via Tenuta del Cavaliere perché d'accordo con le categorie si presenti alla Regione Lazio un autentico progetto di filiera a favore dei mercati prima che alla Pisana si concluda il dibattito sul Bilancio preventivo 2006.Badge d'accesso al Centro Agroalimentare Roma, logistica, stoccaggi, consegne ai punti-vendita, consumi. Come ha spiegato Pallottini, "per venir incontro alla nostra clientela più tradizionale abbiamo varato meccanismi di "sconto a scalare" sugli accessi a pagamento al Car". Inoltre, due consorzi di società di servizi si sono candidati e offerti per risolvere con i sindacati dei dettaglianti e con Cargest l'annoso problema delle consegne al punto di vendita dei mercati rionali delle derrate acquistate presso il Centro Agroalimentare di Roma e non ricoverabili in adeguate strutture refrigeranti da una grande maggioranza di dettaglianti in aree pubbliche. "L'obiettivo comune – ha spiegato Pallottini ai suoi ospiti martedì 11 – è da un lato creare agevolazioni fiscali o finanziarie per acquistare furgoni coibentati con un contributo regionale e dall'altro metter a disposizione della categoria un buon sistema di consegne supportato da un'area di stoccaggio interna al Car lasciata a disposizione dei mercati rionali". Quanto ad un programma di rilancio delle vendite e dei consumi agroalimentari freschi – particolarmente sollecitato dalla categoria – Pallottini ha risposto spiegando quel che Cargest sta facendo. "Vogliamo accelerare la predisposizione e la sperimentazione di tecnologie per la rintracciabilità dei prodotti commercializzati presso il Centro Agroalimentare Roma, affinché si possa passare subito dopo alla promozione di un marchio di qualità garantito per quegli stessi prodotti. Ovviamente è importante che l'intera filiera sostenga questi progetti affinché nei mercati rionali i consumatori trovino alimenti freschi di qualità ineccepibile e garantita come tale…".

la regione emilia.........e la regione marche che fa...?


L’ECONOMIA
APRILE
2007
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Ottimizzare la qualità dei servizi forniti ai
clienti, estendere gli orari di apertura, allargare
e differenziare la gamma di prodotti
trattati, velocizzare i tempi di stoccaggio e movimentazione
delle merci. Sono questi i principali punti
del piano di rilancio dei centri agroalimentari dell’Emilia-
Romagna, su cui sta lavorando l’assessorato
regionale alle Attività produttive; un’operazione
resa necessaria dalla progressiva diminuzione del
volumi delle merci movimentate che si è verificata
negli ultimi anni, soprattutto a causa della tendenziale
defezione della Grande distribuzione organizzata,
la quale si è progressivamente orientata verso
canali alternativi per l’approvvigionamento di prodotti
agricoli freschi.
La Regione Emilia-Romagna che, come previsto dalla
legge regionale n. 40 del 10 dicembre 1987, partecipa
al capitale delle società consortili che gestiscono
le strutture e che ha stanziato finanziamenti per
la realizzazione di opere infrastrutturali e logistiche
al loro interno (legge regionale n. 47 del 24 aprile
1995), ha creato un Comitato di coordinamento per
gestire questa fase di transizione, definendo anche
indirizzi comuni. I tre centri agroalimentari operanti
in Emilia-Romagna (Bologna, Parma e Rimini), a
cui si aggiungono otto mercati ortofrutticoli all’ingrosso,
sei mercati ittici, un mercato avicunicolo e
uno del bestiame, sono stati inseriti,con delibera della
Giunta regionale n. 2134 del 2005, all’interno di
una rete, costituita dai direttori delle strutture e dal
presidente di Infomercati, per lo studio di iniziative
volte alla promozione dell’intero sistema regionale,
attraverso l’individuazione di linee guida per lo sviluppo.
Nell’ambito di questa iniziativa è partita, in via sperimentale,
l’attività di un Osservatorio regionale dei
prezzi dei prodotti ortofrutticoli commercializzati
nei principali mercati all’ingrosso dell’Emilia-Romagna.
Come osserva l’assessorato regionale alle Attività
produttive, «la formazione del prezzo, in condizioni
di libera e trasparente contrattazione, è una delle
funzioni fondamentali dei mercati. In questo senso,
essi rappresentano un antidoto alle opacità e agli
squilibri, e possono garantire agli operatori economici
la giusta remunerazione, ed ai consumatori la
doverosa trasparenza».La sperimentazione,che è stata
inserita dal ministero dello Sviluppo economico
in un progetto nazionale,è partita nei tre centri agroalimentari
emiliano-romagnoli, ma anche in due fra
i più importanti mercati ortofrutticoli, quelli di Pia-
MERCATI ALL’INGROSSO
Centri agroalimentari,
un piano per rilanciarli
Creato dalla Regione Emilia-Romagna un comitato per coordinare
le strategie operative. Si punta su nuovi servizi, sull’ampliamento
della gamma commerciale e sull’estensione degli orari.
ROBERTO FABEN
Foto Riccioni
cenza e Cesena,anche con la collaborazione di Infomercati,
l’organismo che già effettua la rilevazione
dei prezzi all’interno delle strutture mercantili a livello
nazionale.
I centri agroalimentari,nati nella scia della legge finanziaria
n.41/1986,continuano a rappresentare un segmento
importante del sistema economico regionale,
con ingenti volumi di merci movimentate e decine
di migliaia di addetti di varie categorie coinvolti
(dettaglianti, ambulanti, grossisti esterni, operatori
di catering e ristorazione, aziende della distribuzione
organizzata, esportatori, aziende di confezionamento
e lavorazione, intermediari, imprese di trasporti,
servizi di supporto tecnico, logistico, immobiliare
e commerciale). Tuttavia negli ultimi anni si
sono manifestate trasformazioni nel sistema produttivo,
commerciale e distributivo che impongono
una ridefinizione del ruolo dei centri agroalimentari
e dei mercati all’ingrosso, attraverso iniziative per
aumentarne la competitività, fornendo servizi che
siano in grado di rispondere alle nuove esigenze della
domanda.
LE STRUTTURE IN EMILIA-ROMAGNA
Soffermandoci sui singoli centri agroalimentari dell’Emilia-
Romagna, un’importante operazione di
razionalizzazione e rilancio è quella attuata dal Caab,
il Centro agroalimentare di Bologna che,con 583.000
metri quadrati di superficie (di cui 140.000 coperti),
oltre tre milioni di quintali di prodotti ortofrutticoli
movimentati, un fatturato di 400 milioni di euro,
2.000 clienti ( di cui 400 grossisti che acquistano l’80%
dei prodotti e li distribuiscono in tutta Italia) e la presenza
di ben quattro borse merci al suo interno (patate,
cipolle,ortofrutta,prodotti biologici), rappresenta
una realtà di importanza nazionale.Il 5 marzo scorso
l’assemblea straordinaria di Caab Scpa ha approvato
il progetto di fusione per incorporazione nella
società “madre” di Caab mercati srl; un’azione che
potrà determinare interessanti economie di scala,
consentendo di realizzare un modello organizzativo
Tab. 1 - La rete dei centri agroalimentari e dei mercati
all’ingrosso in Emilia-Romagna.
STRUTTURE COMMERCIALI COLLOCAZIONE
Centri Agroalimentari Bologna, Parma, Rimini
Mercati ortofrutticoli Cesena, Ferrara, Forlì, Imola, Modena,
Piacenza, Reggio Emilia, Vignola
Mercati ittici alla produzione Cattolica, Cesenatico, Goro, Ravenna,
Porto Garibaldi, Rimini
Mercato avicunicolo Forlì
Mercato del bestiame Parma
L’ECONOMIA
che coniuga, all’interno di uno stesso soggetto giuridico,
la vocazione immobiliaristica con quella dei
servizi agli utenti.
Il nuovo regolamento del Centro agroalimentare di
Bologna prevede l’istituzione di una commissione
di mercato, organo con funzioni consultive e propositive
nei confronti della società di gestione del
Centro agroalimentare, in cui saranno rappresentati
i concessionari e i produttori. Questa commissione
«è stata istituita - spiegano in Regione - per consentire,
incentivare e promuovere la partecipazione
degli operatori, dei produttori e degli acquirenti alle
scelte gestionali relative al centro agroalimentare.Essa
è destinata ad avere poteri consultivi,potendo esprimere
proposte e pareri sull’organizzazione e sul funzionamento
del mercato».
Come sottolinea Paolo Tabanelli, direttore di Caab
Scpa, «il mercato di Bologna, come gli altri mercati
regionali, sta registrando una progressiva contrazione
della movimentazione delle merci.Per questo urge
l’attivazione di una strategia di rilancio che, necessariamente,
passa attraverso l’ottimizzazione e il
miglioramento della qualità dei servizi erogati dall’ente
gestore (Caab), in primis il facchinaggio e i servizi
doganali, poi lo sviluppo di attività di esportazione
e l’attivazione di rapporti più stretti con la Gdo,
che potrebbe basarsi su una modifica degli orari
attualmente praticati. La commissione, insediata
dall’8 marzo scorso, sarà uno strumento di analisi
prioritario per l’individuazione di metodiche condivise
per il rilancio del mercato agroalimentare».
Anche i numeri relativi agli operatori-acquirenti presso
il Caar (Centro agroalimentare riminese) - il cui
fiore all’occhiello è il mercato ortofrutticolo, che si
svolge due volte al giorno (il mattino e il pomeriggio)
- mostrano come il ruolo della Gdo sia ormai
minimale.Il 55% dei clienti sono dettaglianti, il 35%
grossisti, il 9% imprese dell’Horeca e soltanto l’1%
Gdo.Nel 2006, il centro di Rimini ha movimentato
circa un milione di quintali di ortofrutta,con un volume
d’affari stimato di circa 80 milioni di euro.Come
riferisce Valter Vannucci, direttore della struttura,
«se è vero che,ogni anno, la Gdo erode qualche punto
percentuale ai canali di vendita al dettaglio, è anche
vero che esiste un’anomalia italiana: il nostro Paese,
prima di tutto, è un territorio con rilevante presenza
di aree montane,nelle quali la Gdo fa fatica a penetrare
per difficoltà logistiche.In secondo luogo,il consumatore
italiano mantiene un legame molto stretto
con il prodotto agricolo e ha sempre un occhio di
riguardo per i canali tradizionali di vendita».
Nuovi servizi sono partiti anche nel Centro Agroalimentare
di Parma, che movimenta 480.000 quintali
di merce all’anno, con un giro d’affari di circa 40
milioni di euro.«Fra il 2005 e il 2006 - riferisce il direttore,
Andrea Bianchi - è partita un’attività di consegna
a domicilio a clienti del canale Horeca, ossia la
ristorazione, di prodotti ortofrutticoli. E nel 2007
prenderà avvio un servizio che prevede una piattaforma
logistica anche per altri prodotti alimentari
alternativi all’ortofrutta».
APRILE
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L’ASSESSORE CAMPAGNOLI: “UNA RETE AL SERVIZIO DI IMPRESE E CONSUMATORI”
Ridare dinamismo al network di Centri agroalimentari e mercati
all’ingrosso attivi in Emilia-Romagna. È questo l’obiettivo della
Regione, come spiega l’assessore alle Attività produttive, Duccio
Campagnoli.
Assessore, come sono orientate le politiche regionali?
«Puntiamo ad aggiornare le funzioni dell’importante rete di centri
agroalimentari, mercati ortofrutticoli ed ittici di cui è dotata
l’Emilia-Romagna, anche per valorizzare maggiormente gli
investimenti promossi negli anni passati. Con la nuova legge
regionale queste strutture diventano centri di servizio per
operatori e consumatori e piattaforme logistiche, con importanti
funzioni anche nel campo della certificazione di qualità e per la
sicurezza alimentare».
Quale sarà, nel futuro, il ruolo dei centri agroalimentari?
«Per il futuro pensiamo a due nuove importanti funzioni, come
quelle di promozione commerciale e di connessione interregionale
con altre strutture similari. Inoltre essi potrebbero diventare
elementi di una rete di piattaforme logistiche e transit point per il
trasporto delle merci nei centri urbani, con mezzi di trasporto
ecologici» (r. fab.)
Foto Riccioni

martedì 6 novembre 2007

Costituzione del Comitato per lo sviluppo dell’ Agro-Ittica del Piceno

Da diverso tempo il CAAP è vittima di polemiche, che spesso trovano ampio spazio nei giornali locali, ma che non mancano di esordire effetti negativi sulle economie interne delle aziende interessate.
Diffondere, infatti, l’idea non fondata di una imminente crisi del centro, porta allarmismo e diffidenza da parte di chi si appresta concludere importanti transazioni con le aziende interessate.
Per meglio comprendere il reale aspetto della questione, ai fini della chiarezza risulta opportuno effettuare alcune precisazioni, soprattutto in virtù del fatto che la tesi presentata dagli oppositori al CAAP si basa su un voluto stato di confusione.
A leggere le cronache di questi giorni sulla presunta crisi del comparto agro-ittico industriale, inatti, ci si rende conto dell’estrema confusione che regna sia nelle redazioni dei giornali, sia tra i politici oggi in carica.
Per offrire a chiunque una chiave di lettura corretta ed oggettiva della problematica si ritiene opportuno fare alcune precisazioni, distinguendo per altro le entità che operano nel settore, ovvero:
- CAAP (Centro Agro Alimentare Piceno) posizionato nei pressi del casello di San Benedetto sud;
- Distretto agro-ittico industriale;
- Imprese agroidustriali.
Premesso che le tre realtà costituiscono nel complesso il settore agro – ittico - industriale, bisogna ricordare che sono comunque entità distinte, pertanto con problematiche differenti su pur in parte complementari.
Le entità in gioco, tuttavia, spesso volutamente o erroneamente si confondono soprattutto nelle polemiche di chi vorrebbe vedere il CAAP chiuso.
Il Centro Agro Alimentare Piceno, di seguito nominato CAAP è un area produttiva organizzata che si sviluppa come logica evoluzione di un comparto produttivo di rilievo per la provincia di Ascoli Piceno e dalle caratteristiche pressoché uniche.
Il CAAP, infatti, si sviluppa a cavallo di due settori storici per queste aree, ovvero il comparto agricolo ed il comparto pesca, fungendo da punto di riferimento per una area produttiva peculiare, caratterizzata da produzioni eterogenee, tra i due settori e da struttura rappresentativa del distretto agroalimentare.
IL CAAP è posto in una delle aree più strategiche della provincia ascolana, ovvero al centro di importanti snodi stradali, che permettono una rapida connessione tra aree di produzione primaria (campagne dell’interland Ascolano ed il porto di san benedetto) ed il centro stesso.
Il CAAP è posto, pertanto, in una area geografica di grande interesse, essendo facilmente raggiungibile sia dal nord, sia dal sud Italia, manifestando una notevole potenzialità strategica.
Il distretto Agroalimentare è, invece, una realtà più ampia del CAAP, del quale esso è parte integrante, e raggruppa tutte le imprese agroalimentari operanti nella provincia di Ascoli Piceno.
Il distretto Agroindustriale non è una impresa e non ha una gestione propria, tuttavia è una area geo economica caratterizzata dalla vocazione delle imprese in essa presenti.
Se infatti si parla di “Distretto Agroindustriale” vuole dire che una intensa attività i imprese specializzate hanno permesso una definizione di una intera area geografica, sinonimo di sviluppo positivo e concreto.
All’interno di questo contesto è inseribile la crisi di due aziende, la Foodinvest e l’Arena, che benché operino nel contesto descritto, non né sono rappresentative dello stato di salute.
Tali aziende hanno, infatti, caratteristiche multinazionali ed una struttura organizzativa di livello superiore, rispetto alle rimanenti imprese alimentari autoctone, e sono oggi fortemente nella turbolenza finanziaria non a causa delle attività svolte dagli stabilimenti qui dislocati ma per iniziative e gestioni produttive e commerciali disgiunte da esse.
Le imprese agroalimentari, invece, rappresentano il reale protagonista dell’economia locale, svolgendo le proprie attività, sia nel CAAP sia nel distretto agroindustriale.
Le imprese sono medio piccole, rappresentative del settore, riescono con la loro flessibilità ad adeguarsi ai mutamenti di mercato e per questo hanno ancora un importante appeal sia per grossisti nazionali sia per la grande e media distribuzione organizzata.
Si riferisce, a seguito di studi accreditati un buono stato di salute generale, che ben fa presupporre per sviluppi futuri.
Il CAAP ha al suo interno la gamma completa delle referenze agro-ittiche alimentari sostenute da imprese altamente specializzate che, per conformazione, permettono il raggiungimento di elevati standard qualitativi.
Nel complesso, pertanto, l’intero settore è in buona salute grazie agli enormi sforzi che le proprietà e i loro dipendenti profondono per far fronte ad una concorrenza, ormai globale, fortemente supportata dai poteri politici locali.
Si ravvisa una notevole professionalità d’impresa che sviluppa con il suo indotto un fatturato stimato in oltre 600 milioni di euro e con oltre 1000 occupati che ha reagito positivamente con le proprie forze alla cosiddetta globalizzazione e che ora necessita di un piano strategico di intervento pubblico per potersi ulteriormente sviluppare.
Da qui la necessità di reagire al clima di disimpegno messo in atto da alcuni esponenti del governo locale e regionale.
Quando il vicepresidente regionale Luciano Agostini afferma che il CAAP va venduto e quando il sindaco Gaspari annaspa su proposte di sostegno impraticabili ci si rende conto che non è tenuta in nessuna considerazione la realtà descritta, creando così un allarme sociale negli addetti, e nel loro sistema creditizio, nonché il sospetto di essere governati con approssimazione e prosopopea.
Oggi quello che veramente manca al settore è un interesse di spessore dalla parte politica locale e regionale che porti a formulare un piano strategico complessivo in cui trovare le soluzioni anche per Arena e Foodinvest e per le aziende che in questi anni hanno operato con difficoltà iniziali, mancando una vera e propria governance .
Lo stesso studio cui ha fatto riferimento Agostini detta spunti interessanti che andrebbero approfonditi su questi argomenti.
Considerando ormai prossima l’emissione dei bandi per i fondi strutturali relativi al periodo 2007/2013 si costituisce spontaneamentne un comitato promotore di aziende interne al comparto, con lo scopo di promuovere le necessarie iniziative di rilancio.
Indicando, pertanto, come dannosa la disinformazione di tali fonti, invitiamo i responsabili a rettificare tali notizie, ma di fatto, consapevoli che questa soluzione è una utopia, invitiamo comunque i responsabili in futuro a porre fine a tali comportamenti.
Si ricorda, infatti, che tali comportamenti risultano decisamente sconvenienti per l’immagine sia del CAAP, sia delle imprese in esso operanti che senza giustificazione indicate come fallimentari perdono credibilità di fronte a clienti e fornitori, credibilità costruita con anni di sacrifici e duro lavoro.
A tal punto ci si chiede dove sia l’interesse i tale operazione mediatica e soprattutto di chi, ignorando ingenuamente i reali interessi di taluni esponenti della classe politica locale.
Si fa però presente che ad una crisi indotta, nel CAAP, nelle imprese locali e nel distretto agroalimentre, corrisponde la reale crisi di molte famiglie ascolane per le quali il settore rappresenta una importante fonte di sostentamento.
Per le motivazioni esposte si costituisce un comitato di promozione del CAAP finalizzato alla difesa degli operatori del settore, delle imprese e dell’economia locale.
L’attuale sviluppo di imprese di rilievo, nonché una situazione dei bilancio del CAAP stabile definiscono un tempo maturo per porre in essere opportune strategie comuni.
In tale ottica si intende rendere partecipe di tale iniziativa le amministrazioni locali, associazioni di categorie e sindacati, avviando un tavolo di concertazione per le attività future.
Nel contempo si propone un primo programma di interventi con carattere di urgenza, volti alla tutela ed alla riorganizzazione del comparto agroalimentare.
Programma del Comitato per lo sviluppo dell’ Agro-Ittica del Piceno

Il settore soffre di una mancata strategia di consolidamento e sviluppo ormai perdurante da molti anni.
Ad oggi non si intravedono programmi che nel breve e medio periodo possano innescare una inversione di tendenza necessaria a salvaguardare gli investimenti effettuati ed il destino di centinaia di posti di lavoro altamente qualificati.
La nostra frammentazione, la mancanza di unità degli operatori unita alla assenza di strategia complessiva da parte delle Amministrazioni pubbliche concorrono a creare le condizioni di una crisi settoriale che può portare le nostre aziende al disastro economico-finanziario.
Sono in via di attuazione i programmi di finanziamento comunitario che riguardano gli ambiti dell’ agricoltura e della pesca e la nostra zona non ha presentato una programmazione atta al loro pieno utilizzo.
Il Comitato si propone di intervenire su queste linee programmatiche.
Creazione di un Osservatorio per la raccolta dati sullo stato del settore e di monitoraggio costante dell’ andamento produttivo e finanziario delle imprese nelle varie tipologie di attività.
Creazione di strutture di riferimento che permettano nel breve e medio periodo un concreto sviluppo delle imprese, mediante la realizzazione di:
- Ufficio stampa
- Ufficio marketing
- Ufficio qualità
Azioni volte al raggruppamento ed alle sinergie delle varie imprese in un piano organico di investimenti ed organizzazione innovativa.
Formulazione di un Piano strategico di settore che preveda:
1 Un piano di investimenti finanziabili per l’ ammodernamento delle strutture e degli impianti di produzione delle imprese.
2 Un piano di investimenti per la creazione di un marchio di area e suo lancio sul mercato nazionale ed europeo.
3 Un piano di investimenti nell’innovazione di prodotto e la loro certificazione.
4 Un piano di investimenti volto ad una maggiore penetrazione commerciale tramite l’organizzazione di eventi fieristici e promozionali e accordi diretti con i canali della distribuzione sia in ambito locale che nazionale.
5 Un piano di investimento per una maggiore produzione primaria sia in campo agricolo che ittico con particolare riferimento alla difesa delle specie adriatiche oggi a rischio di estinzione.
Un piano di qualificazione e riclassificazione professionale degli addetti.
L’ accesso agevolato al credito bancario tramite l’ istituzione di linee di credito specifico.
Apertura di tavolo di trattative con gli esponenti del governo locale, delle associazioni di categoria di produttori, delle associazioni di consumatori e dei sindacati

Idee per il rilancio del settore

Scrivete le vostre idee e i vostri commenti su come sia possibile rilanciare il settore agro-ittico alimentare!
Poneteci domande su argomenti di vostro interesse, chiedeteci chiarimenti e notizie reali!

La nostra avventura inizia qui!

Agroalimentare, crisi irreversibile o rilancio dell’intero territorio?
Ci sono stato .peccato…che non si sia svolta!!!!!!!!!!
O almeno non si è svolta li!comunque ….
Domani 12 dicembre, alle ore 9.30, presso l’auditorium della biblioteca comunale di San Benedetto, L’Ulivo, Rifondazione comunista e le RSU delle aziende di settore terranno un incontro sulla crisi del settore agroalimentare e del freddo.

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – All’incontro interverranno il presidente della commissione attività produttive del Comune di San Benedetto Settimio Capriotti, il rappresentante della RSU Foodinvest Gianni Paci, il sindaco del comune di Rotella Luigi Borraccini, il segretario nazionale del Fai–Cisl Gianni Pastrello, l’assessore regionale all’agricoltura Luciano Agostini, l’assessore regionale alle politiche del lavoro Ugo Ascoli, il vicepresidente della Provincia d’Ascoli Piceno Emidio Mandozzi, il sindaco di San Benedetto del Tronto Domenico Martinelli, il presidente del Coico Leo Bollettini, il direttore del Centro agroalimentare Elio Spinozzi, il responsabile nazionale autonomia tematica agricoltura dei Ds Francesco Baldarelli. Coordina l’incontro Giovanni Gaspari, coordinatore comunale de L’Ulivo di San Benedetto del Tronto.“Quest’incontro è inevitabile – commenta Giovanni Gaspari – per frenare la crisi del settore. Fino al 2006, in quanto obiettivo 2, la nostra zona è preda d’aziende che praticano il “mordi e fuggi?. Che cosa fanno le istituzioni? Gli imprenditori? I sindacati? E’ per rispondere a queste domande che abbiamo organizzato un tavolo di trattative, è necessario trovare delle risposte per mettere insieme un progetto per la grande distribuzione?.“A chi, molto superficialmente, dichiara che l’unico problema è il costo del lavoro, rispondo che i costi di produzione sono composti da più di un elemento, non solo dal lavoro. Non mi risulta che a Maranello, per produrre Ferrari – conclude con ironia Gaspari - Luca Cordero di Montezemolo abbia mai fatto ricorso a lavoratori interinali?.Silvano Evangelisti, segretario della sezione Ds di Porto d’Ascoli, molto interessata alla crisi del settore, sia per la vicinanza con alcune aziende some la Foodinvest e la Copop sia perché molti cittadini sono lavoratori di queste aziende in crisi e quindi coinvolti direttamente, dichiara: “Bisogna continuare ad investire nell’agroalimentare, la nostra zona ha una storia e un’esperienza che non hanno eguali. La stessa posizione di molte aziende, vicino all’uscita del casello dell’autostrada, è strategica. Abbiamo il centro agroalimentare che non funziona a dovere? Il Coico? Perché i cinque progetti del Coico esistenti non vengono portati avanti? Questo convegno non vuole essere una passerella, piuttosto una situazione per confrontare idee e progetti. Essendo Porto d’Ascoli una zona ultimamente votata al commercio, crediamo che sia possibile coinvolgere alcuni centri commerciali, come la Coop, per promuovere i nostri prodotti e marchi?.

RELAZIONE SUL CENTRO AGRO-ALIMENTARE S.B.T. REDATTA DA UN CONDUTTORE DEL MERCATO ORTOFRUTTICOLO

…..Basterebbe aprire gli occhi….e corciarsi le maniche…..

Il Centro Agroalimentare è una struttura che ha brillato e dato il meglio di sè soltanto i primi anni della sua vita; il perché è presto detto…ci si è adagiati “sugli allori” di un’inaugurazione ben riuscita, una discreta popolarità, il brio delle grandi quantità vendute… Tutto questo ha,però, portato gli altri mercati ad ispirarsi a quanto di buono il nostro centro offriva ed in più a migliorare i nostri out point. Non potevamo sperare di rimanere i più belli e i più bravi senza mettere il naso fuori della porta, senza investire sulle nostre strutture e senza, soprattutto, aggiornarci. Così ora il CAAP sembra rimasto imbrigliato negli standard iniziali senza confrontarsi con i molti cambiamenti che ci sono stati sia a livello di mercato ma anche di servizi, di modalità di vendita e soprattutto di acquisto del cliente finale, senza addentrarsi nell’ambito della tecnologia che è vista come un mostro da combattere e non come un amico che ci può dare una mano (vedi internet sistemi di pesatura gestione magazzino etichettatura tracciabilità del prodotto……qui misteri!!!!!) .
Eppure, a prima vista, ci sono i presupposti per ricreare un ambiente in cui competenza, conoscenza, risorse territoriali, posizione strategica possano garantire giovamento per tutto il territorio … ma nulla di tutto questo è sfruttato.
Per controllare ciò che dico, sarebbe sufficiente procurarsi un elenco di aziende agricole e…..tristemente si constaterebbe che in 8 anni abbiamo perso il 37% di attività!!! Anche questo “perché” è , secondo la mia modesta opinione, presto compreso : che si sveglia a fare, il contadino, tutti i giorni alle 5 per organizzare la sua azienda e coltivare i suo prodotti, se poi per venderli si deve appoggiare all’industria dato che qui al c.a.a.p. i suoi articoli sarebbero proposti a massimo 20 compratori (non ce ne sono di più ve lo posso garantire)? Quindi opta per l’ industria che come tutti sanno non è un ottima pagatrice oppure “motosega”!!! Questa seconda scelta è stata seguita da molti.(es. Valore commerciale della merce in mercato 0.90$ industria 0.40!!!!neanche le spese!!!).
Purtroppo il singolo commerciante pur con una grandissima esperienza nel settore è ormai vittima del circolo vizioso che si è venuto a creare in questi ultimi anni. Il commercio ortofrutticolo è bloccato, viviamo in una fase di stasi e solo un concreto e drastico intervento, una grande iniezione di motivazione, potrà dare nuova linfa all’intero settore con tutti i vantaggi che ciò porterebbe all’intero territorio ( maggiori investimenti, più ricchezza, ottimizzazione delle risorse agricole, ambientali e territoriali, aumento dell’occupazione… Senza contare la promozione dell’immagine dell’intera zona che si potrebbe ottenere ).
Ma cosa c’è che non và?
Cosa ha fatto bloccare questo ingranaggio?
Come si fa a crollare così, ad essere costretti a raschiare il fondo e non accorgersi che qualcosa non va!!?
La prima ovvia considerazione su i nostri punti forti ce la fa notare la cartina geografica: siamo al centro dell’Italia, crocevia per ogni luogo; A14, A25, stazione con scalo merci…e non riusciamo a diventare centro di scambio o piattaforma.
E’ innegabile l’importanza di una location strategica in particolar modo nel nostro settore eppure forse non è tutto: basti considerare che il mercato di Fondi pur essendo situato in una zona quanto meno proibitiva, è il primo mercato d’Italia per l’esportazione, che molti commercianti del nostro comprensorio preferiscono dirigersi a Pescara per i loro acquisti, che gli operatori del settore agroalimentare di Ancona si recano anch’essi a Pescara non considerandoci affatto …Sapranno della nostra esistenza ? E , soprattutto, se le cose stanno così, che ce ne facciamo della tanto famigerata “posizione strategica”?
Continuando con i dati allarmanti, nel raggio di 50 KM tra i potenziali clienti solo il 3% acquista la merce al CAAP, con una frequenza occasionale, per usare un eufemismo!
Del resto, come biasimare il consumatore? All’interno del mercato non si garantisce la reperibilità della merce, le quantità sono quelle di un “magazzinetto” , i prezzi sono alti ( nessuno qui ha mai sentito parlare di offerte del giorno 10+1 o di sconti da attuare nei giorni di bassa affluenza), le primizie arrivano quando negli altri mercati sono gia finite. Anche qui c’è un ingranaggio che non và.
Quella del caricare poco è diventata una tecnica di sopravvivenza: - carico poco così butto meno!!!- come ragionamento non fa una piega ma commercialmente parlando è una strategia aziendale al quanto discutibile (per non dire di peggio), -aspetto a caricare le primizie, così se non si vendono le butta chi le ha fatte arrivare- (il mio commento è lo stesso”vedi sopra”).
Tuttavia, come criticarci se una pedana di melanzane può tranquillamente coprire la richiesta dell’intero centro per 5 giorni di mercato!!? Se va bene…altrimenti c’è il “signor bidone” che compra tutto!! Con venti clienti al giorno….non penso si possa fare di meglio.
Manca un vero direttore, un addetto alle iniziative promozionali, qualcuno che si occupi di comunicazione con il cliente, che gli spieghi perchè noi possiamo essere loro partner, perché possiamo aiutarli, crescere e migliorare con loro.
Oggi la comunicazione è lenta o, per lo più, inesistente, il cliente è identificato con un numero e in base a quanto è “rognoso” , nessuno di noi si sofferma a parlarci commettendo un gravissimo errore, perdendo un sondaggio sulle vendite e sul modo di acquisto del cliente finale che non avremmo mai : sarebbe il colmo se qualcuno degli operatori qui insediati andasse a comprare frutta e verdura dal fruttivendolo o alla COOP. So che può sembrare una stupidaggine o una cosa di poco conto ma non vedere sul campo quello che la gente compra, come lo compra e quando lo compra e soprattutto perché preferisce questo a quello… rende difficoltoso l’approvvigionamento.
Altra nota dolente la pulizia ( l’unica cosa rimasta dall’inaugurazione ad oggi sono le ragnatele che pendono dal soffitto)da terra a cielo passando per le casette, soffermandosi nei parcheggi e negli angoli lontani del confine del centro.
Voi comprereste in una struttura che:
Non offre scelta di merce
Non garantisce la freschezza quotidiana
Non è competitiva con i prezzi
A guardarla sembra in uno stato di abbandono…?
Penso proprio di no!perché neanche io lo farei…
Però io qualcosa la farei…sarà la mia “verde età”-troppo giovane per lagnarmi- , sarà che per natura sono ottimista, sarà che ci credo in questo lavoro…sarà pure che se finisce l’agroalimentare finiamo tutti…
Ecco cosa farei:
Un metodo semplice,(guarda allegato a1) poco costo che potrebbe essere utile per ovviare ad alcune delle difficoltà elencate potrebbe essere quello di valorizzare sapientemente gli articoli in vendita, sfruttando al meglio gli spazi, variando la disposizione della merce in modo da realizzare un percorso per il compratore così da indurlo a cercare nel mercato il prodotto con rapporto qualità/prezzo conforme alle sue esigenze ed ai suoi criteri di satisfaction.
Rivedrei il criterio di distribuzione della merce acquistata semplicemente cambiando il metodo di parcheggio dei clienti, da selvaggio ad organizzato.
Coinvolgerei i contadini che si trovano all’interno del mercato dato che ora sembrano far parte di un settore a sé stante ( non sarebbe meglio ottimizzare le risorse che sono in grado di offrire regolamentando il loro operato e spingendoli a collaborare al rilancio del CAAP?)
Compirei una forte azione di marketing sfruttando in primo luogo internet poi fax e call center e dei semplicissimi sms. Almeno iniziamo a farci sentire!
Creerei un ufficio stampa, perché, se si fa una semplice ricerca, non esistono articoli pubblicati negli ultimi anni che parlino del c.a.a.p. come fiore all’occhiello…ma solo come mangiatoia di politici o tarantelle sul “si vende o non si vende”.
Come se non bastasse gli stessi commercianti dell’ortofrutta sembrano in perenne atteggiamento del tipo “l’un contro l’altro armati”senza considerare che la vera concorrenza non è quella che ci facciamo noi serranda contro serranda, ma va fatta ai grossisti che operano fuori del centro agroalimentare e agli altri mercati d’Italia.
Non abbiamo scambio produttivo di conoscenza e competenza tra noi operatori, ognuno punta ad ottenere un risultato/bene proprio limitatissimo piuttosto che a raggiungere un prodotto/progetto comune ben più ampio e redditizio; la più elementare psicologia del lavoro definirebbe questa situazione un sistema retto da un “potere senza competenza “ ( una sorta di serpente che si morde la coda!).
Chiacchierando al bar si può tranquillamente scoprire che l’unica soluzione per questa fase di stallo è quella di un miracolo: ma un miracolo di chi?
C’è il venditore che sorseggia rassegnato il primo caffè della giornata dando la colpa al COMUNE o alla PROVINCIA o ai vari POLITICI , c’è il commerciante che addentando nervosamente un cornetto afferma, dall’alto della sua ventennale esperienza nel settore: “la colpa è della gente che non sa quello che vuole!”, bhè allora; come scrive Tabucchi “forse la colpa è delle cose…perché sono le cose che vogliono così… chissà cosa guida le cose?”
Invece di continuare ormai da anni la lunga disputa su se la colpa sia di Tizio , di Caio , del destino, del Fato o di non so quale avversa divinità indù; non sarebbe cosa saggia mettersi a tavolino e discutere una volta per tutte dei problemi, delle varie idee ed opinioni; fare fronte unico per pianificare insieme la rinascita del Centro Agro alimentare e spingerci oltre questo recinto?
Uno sguardo al di fuori della realtà del CAAP, sul modo di fare la spesa della massaia, piuttosto che della donna in carriera, del single, dello studente universitario o anche sulle modalità di vendita di qualsiasi dettagliante porterebbe chiunque a constatare che negli ultimi anni c’è stato un rilevante cambiamento; un esempio su tutti la 4°gamma, i semi lavorati, i prodotti pronti. Per chi non conosce il settore possono sembrare cose semplici e scontate, purtroppo, come già detto, l’impegno che richiede il lavoro quotidiano di un commerciante ortofrutticolo non lascia né possibilità né tempo per compiere queste, seppur semplici, indagini di mercato. Questa ragione, unita al fatto che manca comunicazione tra noi e gli acquirenti, necessita della presenza di uno staff atto a tener aggiornato l’intero comparto CAAP e a far da tramite tra quello che cambia e quello che sarà. Dimostrativo può risultare il fatto che dell’intero gruppo di venditori del centro quasi nessuno si avvalga dell’utilizzo di internet come strumento di ricerca di promozione o comunicazione. Per qualcuno “e-mail” potrebbe essere un nuovo tipo di mela; inoltre, confrontando i siti di Fondi, Roma o Torino con il nostro si scopre anche il perché. Sull’importanza di internet al giorno d’oggi si potrebbe disquisire a lungo, ma forse, nel 2007 nessuno si sorprenderebbe più del fatto che si possa pagare una bolletta o comprare un paio di scarpe o prenotare un viaggio, restando comodamente seduti davanti al computer quindi, basta dire che un sito che è aggiornato una volta all’anno -usando un’espressione popolare ma calzante- “ fa ridere i polli!”
A questo punto cosa fare?
Continuiamo ad accompagnare il nostro caffè mattutino con cornetto e sterili lamentele O iniziamo a nutrirci di considerazioni più proficue?
Come ricordare alle persone che il CAAP vive e ha voglia di vivere?
Una buona strategia potrebbe essere di convogliare l’interesse di operatori del settore e non all’interno del centro… in che modo? Organizzando una mostra, un evento (cosa che agli inizi è già stata fatta con successo), allestendo una fiera o una sfilata di moda così da poter attrarre l’attenzione dei media e della gente sulla nostra struttura.
Perché poi non ispirarci a quanto di buono è stato partorito dalla concorrenza?
Un esempio? Le domeniche dedicate ai privati sperimentate dal Centro Agroalimentare di Roma. Sono un ottimo espediente sia per calmierare i prezzi, sia per pubblicizzare il centro, sia per promuovere il prodotto locale, sia per movimentare la merce in rimanenza del fine settimana e in oltre finalmente si potrebbe iniziar a far girare il logo che ci contraddistingue. Forse qualcuno potrebbe dubitare sul successo della manifestazione romana, ma la risposta è presto data: chi farebbe due ore di fila sul raccordo per risparmiare sulla spesa di frutta e verdura? Fortunatamente noi non siamo a Roma e quindi vogliamo sfruttare la tanto osannata location strategica? Inoltre dagli “errori degli altri si deve imparare”…quindi in queste domeniche si potrebbe organizzare uno spazio per i più piccoli, delle attività per i genitori, dei mini corsi di cucina per le mamme….ne potrei elencare altre mille….
Ancora, semplici iniziative tipo: rimborso del pedaggio autostradale per chi viene da fuori, offerta di servizi come lavorazione della merce in casse personalizzate, lavaggio casse, particolarizzazzione del prodotto, accogliere il cliente all’ingresso con fogli che illustrano i prodotti presenti in mercato e quelli in offerta ecc… incrementerebbero l’apprezzamento verso il centro e incoraggerebbero la fidelizzazione dei possibili clienti.
Riguardo al problema della reperibilità della merce sarebbe sufficiente organizzarsi internamente in modo che pur nella varietà di articoli disponibili, ognuno degli stand garantisca la presenza dei prodotti maggiormente richiesti dai clienti ; per capirci… ognuno di noi è troppo piccolo per avere tutti i prodotti,belli,buoni e a prezzo competitivo…cosa fare? Ciascuno si specializza in un settore garantendo la presenza del prodotto e la scelta fermo restando il fatto che poi ognuno resti libero di vendere quello che preferisce pur sempre assicurando i prodotti che lo contraddistinguono.
E queste sono solo poche cose…il mio parlare…spero non al vento…potrebbe continuare per pagine e pagine…ma i poemi facciamoli scrivere a Corona…..
Voglio solo aggiungere un piccolo elenco di azioni che compirei e di alcuni miei perché…con la via speranza che qualcuno mi chieda….bè allora che vuoi dire?
· Perché per una volta tanto non giochiamo d’anticipo e ci organizziamo per creare una piattaforma che possa servire tutti quei mercati che, dati alla mano sono in forte espansione(paesi dell’est, zona balcani, Russia…)si potrebbe sfruttare il porto di ancona e l’aeroporto.
· Perché avendo giocato d’anticipo (speriamo!)non allarghiamo i servizi offerti dalla nostra piattaforma per servire le grandi catene distributive Coop, diana ‘92/ALTA SFERA, Magazzini Gabrielli…..
· Perché non effettuiamo la raccolta differenziata?(ps.: si ok ci sono 3 bidoni ma se venite con me vi dimostro l’impossibilità ad esprimere lo spirito ecologista che c’è in ognuno di noi!!)
· Perché non recuperiamo l’acqua piovana….ci potremmo lavare le casse…
· Perché non sfruttiamo la copertura del centro per posizionarci dei pannelli solari e generare corrente elettrica, non solo forse si potrebbe anche risolvere il problema del grande caldo che fa nel tunnel a causa del riscaldamento della struttura
· Perché non è mai stato approvato a livello regionale il regolamento del c.a.a.r.
· Perché io che conosco il settore da poco più di un anno sono riuscito a scrivere ciò…e chi vive di questo da oltre 30anni riesce solo piangersi addosso(a buon intenditor poche parole)
Avrei voluto allegare molti documenti …tipo articoli di giornali dati statistici sondaggi…ma non mi sembra il caso….comunque se servono son qui…
Ricordiamoci che nei momenti duri in commercio vi è sempre la necessità ( a volte difficile da realizzare ) di riuscire ad investire.